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Lucifer's Hammer, 1983!

Testo: Luís Cardoso

Foto: web


XR 1000 Lucifer's Hammer, 1983


Con una versione modificata della XR 1000, ispirata alla XR 750 TT del 1972, nel 1983, HARLEY-DAVIDSON tornò alla ribalta della scena delle corse di velocità nordamericane.


Si sa che prese il nome proposto dalla moglie del leggendario direttore del reparto corse del marchio: Dick O'Brien, l'ibrido costruito per questo scopo divenne noto con il suggestivo soprannome di Lucifer's Hammer, analogia al libro con lo stesso nome, scritto da Larry Niven e Jerry Pournelle, pubblicato nel 1977, la cui azione si svolge in uno scenario post-apocalittico causato dal fatto che il nostro pianeta è stato colpito da una cometa: Lucifer's Hammer, nome che trae origine da una leggenda irlandese, in cui una cometa fu inviata dal Diavolo per distruggere un villaggio che era stato invaso da stranieri così malvagi che lo stesso Lucifero ne divenne geloso!


Nella primavera del 1983, dopo più di un decennio di assenza ufficiale dal marchio di Milwaukee, questa moto segnò l'orgoglioso ritorno dei colori da corsa HARLEY-DAVIDSON, nero e arancione, sul famoso circuito di Daytona!


XR 750 TT, 1972, la moto che è servita come base per il progetto Lucifer's Hammer


Nell'evento principale di questo circuito, la 200 Miglia di Daytona, la moto, con Jay Springsteen ai comandi, si è comportata perfettamente, vincendo facilmente la gara, Battle Of The Twins (BoT), riservata alle moto a 2 cilindri!


Nello stesso anno, ottobre 1983, Gene Church vinse autorevolmente la finale, disputata sempre a Daytona, nella finale del campionato BoT.


Oltre a molti altri eccezionali vantaggi sportivi, il fatto che questa moto segni il gradito ritorno della HARLEY-DAVIDSON e ruppe l'egemonia che gli italiani detenevano all'epoca tra le moto da corsa a 2 cilindri, raggiungendola in un breve periodo di tempo, 2 mesi, dall'inizio del progetto alla prima partecipazione e vittoria, fanno di questa bici un'icona, perché, tra gli altri vincoli, all'epoca il reparto gare del marchio era composto da una mezza dozzina di elementi!


1984, Gene Church


Negli anni successivi, quando venne creato il Campionato Mondiale Superbike, per iniziativa della famiglia France (proprietaria del circuito di Daytona) che delegò a Steven Mclaughlin l'ambasciata europea che diede origine al suddetto campionato, il regolamento tecnico favorì fin dall'inizio la motorizzazioni di 2 cilindri (cilindrata maggiore e peso minimo inferiore) per cercare di invogliare HARLEY-DAVIDSON a partecipare sulla base dell'entusiasmo che Lucifer's Hammer suscitò tra la gente di Milwaukee.


La crociata di Steven ebbe successo, nel 1988 si svolse la prima edizione del Campionato Mondiale SBK, tuttavia la HARLEY-DAVIDSON non fu convinta del vantaggio regolamentare presentato e chi ne trasse maggior beneficio, in questo particolare, fu, come si vede, la DUCATI!


Per chi avesse dubbi su questo vantaggio regolamentare, basti ricordare il rapido successo che HONDA e APRILIA ottennero utilizzando questo argomento con i bicilindrici VTR e RSV!



1983 HARLEY-DAVIDSON XR1000R Lucifer’s Hammer

Specifiche

IL MOTORE:

Raffreddato ad aria, stelo ohv, bicilindrico a V di 45 gradi, 4T con 2 valvole o cilindro, 998 cc, alesaggio e corsa 81 mm x 96,8 mm, due bobine di accensione con batteria a perdita totale da 12 V, 2 carburatori MIKUNI da 42 mm, scatola di 4 velocità, trasmissione primaria mediante catena triplex con frizione multidisco in bagno d'olio.

TELAIO:

Travatura monotubo in acciaio con controtelaio triangolare e doppia culla inferiore

Forcelle telescopiche FORCELLA ITALIA da 40 mm, forcellone in acciaio a sezione rettangolare, 2 ammortizzatori FOX a gas, 2 dischi BREMBO da 300 mm con pinze BREMBO a due pistoncini, 1 disco BREMBO da 240 mm con pinza BREMBO a due pistoncini, 22,5 x 6.5-16 GOODYEAR slick su ruota CAMPAGNOLO magalloy da 3.50", 26.5 x 8.0-18 GOODYEAR slick su 5.00", passo 1420 mm.

PRESTAZIONE:

104 CV/7.000 giri/min (boxato), 251 km/h con vento contrario a 11 km/h (Daytona 1983), 153 kg con olio e senza carburante.


Il restauro di Don Tilley



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